FNP Campania e FNP Emilia Romagna,
Napoli, 7 giugno 2019
Intervento Luigi Lama
Cominciamo dal titolo. Secondo voi ci sta l’accento?
Non l’hanno messo ma ci potrebbe stare. Ci potrebbe stare legittimamente.
La Cisl non è una entità astratta, è una associazione. Persone che stanno assieme fanno la Cisl.
Per di più diciamo da sempre, e ora più di prima, che le prime linee, la base, sono la parte più importante della Cisl.
Non è una frase ad effetto, retorica. È fondata su dati concreti. Sono state fatte diverse ricerche sui motivi e le modalità di adesione alla Cisl. L’ultima che conosco risale a circa tre anni fa. Alla domanda su come si sceglie la Cisl hanno dato un esito che si è confermato nel tempo. Il 70-80% delle adesioni sono passate tramite le persone. I lavoratori conoscono qualcuno che conquista la loro fiducia e quando questa chiede di iscriversi pensano “Mi posso fidare di questa persona” ed una buona parte di loro si iscrive, spesso non avendo nemmeno molto chiaro che la Cisl non è un elemento di una organizzazione “cgilcisluil”, non curandosi magari nemmeno di individuare bene il segretario generale della confederazione. La storia, lo statuto, le regole, gli organismi e i valori della Cisl li valutano nel comportamento della persona “cisl” che conoscono. “Se quella merita fiducia mi posso iscrivere alla sua organizzazione”.
La storia di Marisa è la storia di una persona su cui si può contare. In tanti si sono fidati di lei continuano ancora oggi. E non con loro
Marisa è Cisl.
Un pezzetto di Cisl di cui siamo orgogliosi.
Il libro di Anna Vinci ce la racconta un po’, ci offre lati che erano rimasti in ombra.
Ho avuto la fortuna di sentir raccontare diverse volte alcune parti che troviamo nel libro: da almeno dieci anni Marisa viene al Centro Studi per raccontare la sua esperienza di sindacalista. Un testimone esemplare della stira Cisl e un esempio di esercizio del ruolo sindacale a tutti i livelli.
Ora il libro mette questo racconto a disposizione di chi non può incontrarla di persona.
Oggi abbiamo la fortuna di averla qui con noi e la cosa migliore è approfittarne.
Dico solo alcune considerazioni per avviare il dialogo.
Mi è sembrato che il filo conduttore del libro sia mettere in luce le contraddizioni e la capacità di gestirle per rendere la situazione, il contesto in cui ci si trova un posto in cui vivere meglio.
Marisa nasce a metà degli anni trenta. L’immagine che ho dell’Italia di quell’epoca è di un paese tradizionalista, finanche piuttosto bigotto. Oggi molti giovani convivono, magari fanno anche un figlio, poi si sposano. Allora no, nulla al di fuori del matrimonio.
Non proprio. I genitori di Marisa convivono con Marisa a casa dei genitori del padre. Poi si lasciano e Marisa e Carmen, sua mamma, vanno ad abitare dai genitori di lei. Carmen Rambaldi spiegherà alla bambina, poi, che non c’è stato un abbandono. Sono stati due adulti che si sono lasciati. Capita.
La mamma di Marisa afferma il suo diritto di essere una madre non sposata. Carmen Rambaldi si fa rispettare e stimare nella Ferrara degli anni trenta. In un contesto piccolo, il quartiere di una piccola città, ma direi con non meno successo del suo più famoso cugino Carlo in un ambito del tutto diverso.
Una seconda contraddizione viene affrontata in modo positivo: quella fra uguaglianza di tutte le persone come cittadini e la sudditanza delle donne verso gli uomini. C’è sempre un marito, padre, fratello o altro che chiede sottomissione. Marisa ne fa una potente leva per il proselitismo. Individua le aziende in cui la maggioranza della forza lavoro è femminile e ci va. Propone con pazienza e perseveranza il sindacato come strumento organizzato di emancipazione.
Per concludere una ulteriore contraddizione. Marisa la trova nel sindacato, nella Cisl. Organizzazione di crescita personale e liberazione allo stesso tempo con numerosi dirigenti tesi alla difesa di assetti di potere interni e, addirittura, non abbastanza fermi nel mettere in discussione quelli esterni. Non solo sulla questione di genere, ma anche sul piano squisitamente sindacale. L’episodio chiave che racconta Marisa è la dura vertenza aziendale che viene intrapresa nella sua azienda alla fine del 1959. Dopo venti giorni di sciopero il gruppo dirigente della Cisl locale le chiede di lasciar perdere. Marisa ricaccia indietro lacrime di rabbia e persiste. Non è la presa di posizione avventata di una ragazza portata avanti con testardaggine. Conosce bene la situazione aziendale. Sa bene che le richieste sono del tutto compatibili con la situazione economica dell’azienda. La formazione sindacale l’ha aiutata a capire.
I fatti le danno ragione. Una settimana dopo la richiesta di resa respinta è la direzione aziendale cede e firma il contratto.
Grazie dell’attenzione.