“L’ATTUALITA’ DELLO STATUTO DEI LAVORI E DINTORNI…”

da | Dic 9, 2010 | Saggi e Articoli

Sommario:  1. Gli obiettivi dell’iniziativa e le proposte in campo. —2. Lo “Statuto dei lavori” per la Cisl. —3. Alcune questioni centrali.

1. Riflettere oggi sulla proposta, mai compiutamente realizzata, dello “Statuto dei lavori”, (già avanzata da M.Biagi alla fine degli anni ’90) in un contesto  fortemente investito dalla grave crisi occupazionale, conseguenza di quella economica/finanziaria, significa principalmente interrogarsi su come gli elementi di più accentuata flessibilità presenti sul mercato del lavoro italiano possano accompagnarsi alla costruzione di un nuovo sistema di tutele.

            Negli ultimi anni infatti è sempre più cresciuta quell’area intermedia tra subordinazione ed autonomia comprensiva di tutte quelle forme di lavoro che, pur in assenza di un vincolo di subordinazione, si concretizzano in una prestazione continuativa e coordinata di carattere personale, funzionalmente connessa con l’attività del committente. In tali casi non si dispone né delle tutele proprie del lavoro dipendente né della libertà di gestione e di guadagno tipica del lavoro autonomo. Anche questi lavoratori hanno tuttavia bisogno di: ammortizzatori sociali o  altre forme di sostegno al reddito nei periodi di non lavoro; formazione continua; previdenza integrativa;  copertura in caso di malattia e gravidanza;  servizi per l’impiego che li aiutino a trovare un nuovo lavoro. Come rispondere a tali esigenze?

            In materia già in passato si erano tentate, senza successo, ipotesi di regolazione. Al riguardo si contrapponevano diverse impostazioni: da un lato vi era chi mirava ad estendere ai rapporti di lavoro c.d. “parasubordinato” alcune delle tutele proprie del lavoro subordinato (ddl Smuraglia n.5651, del 1999); dall’altro vi era chi, affrontando la questione “dalla parte delle tutele” piuttosto che della qualificazione del rapporto, puntava ad una riforma complessiva del diritto del lavoro, attraverso una modulazione delle stesse (progetto di Statuto dei lavori, predisposto da M.Biagi, su indicazione dell’allora Ministro del Lavoro T.Treu -bozza preliminare del 25 marzo 1998).

            L’idea di uno Statuto dei lavori è ripresa nel Libro Bianco sul mercato del lavoro in Italia (ottobre 2001), che riassumeva le tematiche sulle quali  si intendeva intervenire nel corso della legislatura. In merito si distingueva tra un nucleo essenziale di norme e di diritti inderogabili, soprattutto di specificazione di principi internazionali e di diritti costituzionali, applicabili a tutte le forme di lavoro rese a favore di terzi, e diritti, più limitati, di cui sarebbero rimasti titolari i soli lavoratori subordinati. In tale prospettiva funzione centrale era svolta dalla previsione di un meccanismo di certificazione della qualificazione dei rapporti di lavoro, al fine di ridurre in via preventiva i motivi di possibile contenzioso.  Oltre alla soglia minima di tutela ampio spazio avrebbe dovuto essere peraltro attribuito all’autonomia collettiva ed individuale, nell’ottica del passaggio da un quadro legale basato su tutele ritenute eccessivamente rigide ad una disciplina del rapporto di lavoro a carattere parzialmente disponibile. A ciò avrebbe dovuto del resto accompagnarsi un corrispondente riassetto delle prestazioni previdenziali.

            Di recente (2009) sono state avanzate proposte che impattano sul tema delle tutele “minime” per ogni forma di lavoro; tra queste si segnala:

*la proposta  di un contratto unico a tutele progressive (Boeri/Garibaldi), che prevede la riduzione delle diverse tipologie contrattuali esistenti (tranne limitate eccezioni, ad esempio il lavoro stagionale) in una unica forma contrattuale a tempo indeterminato, con una fase di inserimento, di tre anni, ed una di stabilità, con tutele progressive nel tempo;
*la “variante” Ichino, che prefigura per tutti i nuovi occupati un contratto a tempo indeterminato più flessibile, ma con maggiore sicurezza in caso di perdita del posto di lavoro, attraverso l’attivazione di un’assicurazione contro la disoccupazione, finanziata dalle imprese, gestita dalla bilateralità e condizionata alla disponibilità del lavoratore alle offerte di reimpiego o di riqualificazione professionale (si veda anche dello stesso autore la proposta di riordino e di semplificazione dell’intero ordinamento lavoristico in 64 articoli,, c.d. “Codice del lavoro”);

*il rilancio della proposta dello Statuto dei lavori da parte del Ministro del lavoro Sacconi (libro bianco sul Welfare), basato su tre diritti fondamentali da garantire ad ogni persona che lavora: salute e sicurezza; equo compenso; formazione ed apprendimento continuo. Si prevede anche la riforma degli ammortizzatori sociali fondata su un “doppio pilastro” (pubblico/privato sociale), imperniata su una prestazione universalistica (indennità di disoccupazione) , decrescente nel tempo, garantita dallo Stato, e su un trattamento integrativo, affidato alle parti sociali tramite la bilateralità. In tal senso, non senza contraddizioni, sono i recenti interventi a sostegno del reddito per le categorie di lavoratori esclusi dal campo di applicazione dei tradizionali ammortizzatori sociali (leggi nn. 2  e 33, del 2009).

           

2.Per la Cisl è di fondamentale rilievo procedere in tempi rapidi alla definizione di uno Statuto dei lavori.

Sul punto è da precisare con chiarezza che nell’impostazione della Cisl la definizione dello Statuto dei lavori non ha carattere sostitutivo bensì esclusivamente integrativo, dello Statuto dei lavoratori, del 1970, al fine di completarlo in riferimento a quei rapporti di lavoro che al tempo non esistevano. Ciò significa che non si accetta l’idea di una revisione complessiva dell’ordinamento giuridico del lavoro, dovendo innanzitutto garantire tutele a categorie di lavoratori che oggi ne sono prive.

Si tratta allora di elaborare uno Statuto per i nuovi lavori, o forse meglio uno Statuto del lavoro per la persona, con riferimento:

*alle tutele sociali fondamentali, universalmente riconosciute (libertà e dignità del lavoro; difesa dalle discriminazioni; salute e sicurezza sui luoghi di lavoro; equo compenso; formazione ed aggiornamento professionale; fruizione dei servizi per l’impiego; ammortizzatori sociali);

*ad ulteriori tutele modulate secondo criteri di proporzionalità;

*agli ambiti di tutela collettiva.

L’attenzione va dunque posta non solo sul rapporto di lavoro ma anche sul mercato del lavoro: le persone occupate, specie nelle nuove tipologie contrattuali flessibili, hanno infatti necessità di servizi per l’impiego (o il reimpiego) efficienti e di una rete di protezione sociale al termine della prestazione. D’altro lato è necessario tendere ad una unica aliquota del prelievo contributivo e fiscale per tutte le tipologie di impiego, in modo da disincentivare il ricorso a forme di occupazione legate solo alla convenienza economica.

Lo Statuto dei lavori è da considerare pertanto come la costruzione di un nuovo sistema di tutele che accompagni gli interventi sulla flessibilità realizzati nell’ultimo periodo.

La flessibilità infatti non significa assenza di regole, ma al contrario presuppone un quadro normativo certo in cui si possano operare le scelte ritenute più opportune.

  1. In conclusione desidero soffermarmi su alcune questioni a mio avviso centrali nel dibattito sul nuovo Statuto dei lavori.

a)      Statuto dei lavori e semplificazione delle fattispecie contrattuali. Come si pone la proposta del “contratto unico a tutele progressive”  in rapporto alla modulazione delle tutele prefigurata  dallo Statuto dei lavori ? Al riguardo è da sottolineare che più che sull’opportunità o meno delle diverse  tipologie contrattuali  l’accento dovrebbe forse essere sui “contenuti minimi” da assicurare ad ogni forma di lavoro.

b)      Lo Statuto dei lavori come Testo Unico sul lavoro. Al riguarda ci si domanda se sia opportuno pensare ad uno Statuto dei lavori come ad una sorta di Testo Unico di riforma complessiva del diritto del lavoro, come già proposto nel Libro Bianco del 2001 (vedi  ora la proposta di “Codice del lavoro”, di Ichino). Se si vogliono evitare atteggiamenti e formulazioni tanto evocative quanto inconcludenti, appare preferibile un approccio gradualista che a partire dai primi risultati ottenuti (ad esempio in tema di lavoro a progetto) li estenda ad istituti riguardanti la tutela sul mercato del lavoro e di tipo contributivo/previdenziale (sicurezza sociale);

c)      Statuto dei lavori e assetto istituzionale. La prospettata emanazione di uno Statuto dei lavori come si inserisce nel nuovo riparto di competenze tra Stato e Regioni derivante dalla riforma del titolo V° della Costituzione ? I diritti riconosciuti nello Statuto dei lavori dovrebbero infatti porsi come principi fondamentali dell’ordinamento nazionale ai fini della competenza concorrente delle Regioni, avendo poco senso  differenziare in base alle specificità locali.

d)      Statuto dei lavori e ruolo della contrattazione collettiva/bilateralità. Lo Statuto dei lavori non dovrebbe limitarsi ad estendere i contenuti dei diritti e delle tutele, rispetto ai quali dovrebbe già trovare spazio la contrattazione collettiva, ma interessarsi anche degli strumenti volti a garantirne l’effettività. Peraltro rispetto allo Statuto dei lavoratori del 1970, in cui la legge ha funzionato principalmente come supporto diretto all’azione sindacale sul luogo di lavoro, è ora richiesto, probabilmente, un approccio diverso. Vi è infatti la necessità di garantire una serie di sevizi e di prestazioni per le quali il solo strumento contrattuale non è più sufficiente. Non a caso si discute molto di bilateralità , nata proprio in un mercato del lavoro frantumato e disperso nel territorio e nei settori dove non era possibile utilizzare la tradizionale tutela contrattuale. I più recenti interventi normativi hanno riconosciuto agli enti bilaterali significativi ambiti di intervento. Alla bilateralità va ora fornito un assetto compiuto, di matrice contrattuale, anche per risolvere questioni inedite, quali ad esempio il ricorso a strumenti mutualistici per misure integrative di sostegno al reddito dei lavoratori.

Nuovo interesse assume anche il rapporto tra contrattazione collettiva e contratto individuale. Molto più che in passato si dovrà infatti partire da una attenta considerazione delle esigenze individuali per ricondurle ad un quadro di tutela collettiva.