Il Diritto del Lavoro tra Flessibilità, Emersione e Regolarizzazione

da | Mar 12, 2007 | Saggi e Articoli

Premessa

 

Il diritto del lavoro sempre più si caratterizza per il quantum di flessibilità possibile.

E’ innanzitutto da precisare che la flessibilità non significa assenza di regole, ma al contrario presuppone un quadro normativo entro cui si possano operare le scelte ritenute più opportune.

La flessibilità ha interessato sia lo svolgimento del rapporto di lavoro (si veda ad esempio la nuova disciplina del tempo di lavoro posta dal d.lgs.n.66/2003, come modificato dal d.lgs.n.213/2004) sia il mercato del lavoro, mediante le nuove tipologie contrattuali introdotte dalla cosiddetta “legge Biagi” (l.n.30/2003) e dai relativi provvedimenti di attuazione (d.lgs.n.276/2003, e successive modifiche ed integrazioni). Specie in quest’ultimo campo ci si è peraltro mossi in via sperimentale, facendo largo uso dello strumento delle circolari ministeriali in assenza di una disciplina contrattuale compiuta dei nuovi istituti. Forti perplessità suscita d’altro lato il rafforzamento dell’istituto dell’interpello (operato dall’art.2, comma 113, della legge 24 novembre 2006, n.286), non esente da profili di illegittimità costituzionale[1].

Di recente ha peraltro assunto rilievo il tentativo di coniugare la flessibilità della prestazione lavorativa, indispensabile per lo sviluppo, specie nella sua dimensione locale, con la sicurezza e la regolarità sul piano assicurativo e contrattuale. In tale contesto il settore dell’edilizia figura quale ambito sperimentale per l’introduzione di misure poi da estendere ad altri settori.

Al riguardo di particolare significato risultano l’art.36 bis, del d.l. n.223/2006 (cosiddetto “decreto Bersani”), contenente misure urgenti per il contrasto del lavoro nero e per la promozione della sicurezza nei luoghi di lavoro; le misure per l’emersione del lavoro irregolare e per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro contenute nella l.Finanziaria 2007 (legge 27 dicembre 2006, n.296).

L’art.36 bis del d.l. n.223/2006 (cosiddetto “decreto Bersani”)

 

L’art.36 bis, del d.l. n.223/2006, e la relativa legge di conversione n.248/2006, si inserisce nella linea dei provvedimenti adottati nell’ultimo periodo per contrastare il lavoro nero ed irregolare. Al riguardo è in particolare da ricordare che per il settore dell’edilizia l’art.86, comma 10, del d.lgs.n.276/2003, attuativo della cosiddetta “legge Biagi” (n.30/2003), riprendendo un’indicazione già contenuta nella disciplina contrattuale di settore, frutto di un’esperienza specifica sviluppatasi nella seconda metà degli anni ’90 in particolare nell’Italia centrale colpita dal terremoto, ha stabilito l’obbligo per il committente o il responsabile dei lavori di chiedere alle imprese esecutrici un certificato di regolarità contributiva, che può essere rilasciato, oltre che dall’INPS e dall’INAIL, anche dalle Casse edili[2]. La portata innovativa della previsione, volta a coniugare la tutela del lavoro con il rispetto delle regole di mercato, mirando a limitare il fenomeno della concorrenza sleale, è quella di estendersi agli appalti privati (per le opere pubbliche cfr. l’art.2, della l. n.266/2002). L’importanza della regolarità contributiva, quale indice della idoneità delle imprese per l’esecuzione dei lavori in sicurezza, emerge dalla integrazione sul punto apportata dal decreto correttivo n.251/2004, secondo la quale “in assenza della certificazione della regolarità contributiva, anche in caso di variazione dell’impresa esecutrice dei lavori, è sospesa l’efficacia del titolo abilitativo” (art.20, comma 2) che rende concretamente possibile l’esecuzione dell’opera o del servizio.

Da più parti si è auspicata un’estensione del Durc per finalità inizialmente non previste nonché a settori diversi dall’edilizia. Tale indirizzo è stato affermato, tra l’altro, dal comma 553, dell’art.1, della legge Finanziaria 2006 (n.266/2005), che ha previsto l’obbligo di richiesta del Durc per tutte le imprese, indipendentemente dal settore di appartenenza, che vogliano accedere a benefici e sovvenzioni comunitari per la realizzazione di investimenti.

L’art.36 bis, del d.l. n.223/2006 rappresenta dunque uno sviluppo ulteriore, ponendo un espresso legame, quasi una “presunzione” legale, tra lavoro irregolare e scarsa sicurezza del lavoro[3].

In primo luogo la disciplina in esame stabilisce che possano essere sospesi i lavori nell’ambito di cantieri edili qualora venga riscontrato dalle forze ispettive l’impiego di personale in nero in misura pari o superiore al 20% del totale dei lavoratori regolarmente occupati nel cantiere ovvero in caso di reiterate violazioni della normativa sui tempi di lavoro (d.lgs.n.66/2003)[4]. Le imprese inoltre, quanto meno per tutto il periodo di sospensione, non potranno partecipare alla stipula di contratti con le amministrazioni pubbliche (art.36 bis, comma 1).

Condizione per la revoca del provvedimento di sospensione è la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture contabili, il che dovrebbe includere anche il rispetto degli obblighi di sicurezza, quanto meno in relazione alla sorveglianza sanitaria, alla formazione ed informazione ed alla fornitura dei dispositivi di protezione individuale[5], nonché il ripristino delle regolari condizioni di lavoro (art.36 bis, comma 2).

Altra significativa previsione, semplice ed efficace nella sua portata prevenzionale, è l’obbligo per i datori di lavoro del settore edile, a partire dal 1°ottobre 2006, di munire il proprio personale occupato nel cantiere di apposita tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro, documento che i lavoratori sono tenuti ad esporre. Analogo obbligo è fatto carico ai lavoratori autonomi, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto (art.36 bis, commi 3/5).

Si anticipa inoltre per l’edilizia l’operatività della previsione di cui all’art.86, comma 10 bis , d.lgs.n.276/2003, relativa all’obbligo di comunicazione preventiva ai servizi per l’impiego dell’assunzione del lavoratore, mediante documentazione avente data certa (raccomandata, fax, posta elettronica), in precedenza subordinata all’emanazione di apposito decreto. Si spera così di arginare la triste statistica secondo la quale circa il 6% degli infortuni mortali, ben l’11.4% nel settore dell’edilizia, avviene il primo giorno di lavoro (art.36 bis ,comma 6).

E’ poi stabilita una maxisanzione amministrativa (da un minimo di 1.500 euro ad un massimo di 12.000 euro per ciascun lavoratore, maggiorata di 150 euro per ciascuna giornata di lavoro effettivo), che va ad aggiungersi ad ogni ulteriore provvedimento di carattere sanzionatorio legato all’utilizzo di manodopera irregolare (art.36 bis, comma 7).

Restano confermate le agevolazioni contributive in via esclusiva per i datori di lavoro del settore dell’edilizia in possesso dei requisiti per il rilascio della certificazione di regolarità contributiva anche da parte delle Casse edili, da attestare tramite il Durc, con esclusione di coloro che abbiano riportato condanne penali passate in giudicato per violazione della normativa di sicurezza del lavoro per la durata di cinque anni dalla pronuncia della sentenza (art.36 bis, comma 8).

E’ infine da sottolineare che la legge n.248/2006, di conversione del decreto n.223, dispone per una nuova disciplina del regime di responsabilità solidale in materia di appalti e subappalti (art.35, commi 28/34 del decreto stesso), che viene a completare quanto stabilito dall’art.29, d.lgs.n.276/2003 e successive modifiche ed integrazioni, tuttavia non ancora operativa per mancanza delle norme di attuazione[6].

I primi dati relativi all’azione ispettiva concernente le misure in questione mostrano un quadro di diffusa irregolarità[7].

Gli interventi previsti dalla legge Finanziaria 2007

 

La legge Finanziaria 2007 (legge 27 dicembre 2006, n.296) contiene una serie di previsioni in materia di lavoro concernenti principalmente misure per l’emersione e la promozione di lavoro regolare, generalizzando tra l’altro interventi già in vigore per il settore dell’edilizia, nonché misure per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro.

E’ da sottolineare come in entrambi i casi condizione necessaria sia il raggiungimento di “accordi aziendali ovvero territoriali, nei casi in cui nelle aziende non siano presenti le rappresentanze sindacali unitarie o aziendali, con le organizzazioni sindacali aderenti alle associazioni nazionali comparativamente più rappresentative”(cfr. art.1, comma 1193, per gli accordi di emersione e l’art.1, comma 1202 per gli accordi di stabilizzazione), venendo dunque a precisare, circa il ruolo della contrattazione collettiva, la più ambigua formulazione utilizzata nella recente legislazione sul lavoro (cfr. art., comma 1, lett.m), d.lgs.n.66/2003 in materia di orario di lavoro e l’art.2, comma 1, lett.m), d.lgs.n.276/2003, di riforma del mercato del lavoro)[8].

Le misure per l’emersione e la regolarizzazione dei rapporti di lavoro

 

La linea delle politiche per l’emersione e per la promozione di lavoro regolare trova innanzitutto riferimento nella prevista adozione di un programma speciale di interventi, tramite la costituzione di una Cabina di regia nazionale di coordinamento, per concorrere allo sviluppo di piani territoriali di emersione e di promozione di occupazione regolare nonché alla valorizzazione dei comitati per il lavoro e l’emersione del sommerso (Cles). A tal fine è prevista l’istituzione, entro sei mesi, di un apposito Fondo per l’emersione del lavoro irregolare (Feli), destinato al finanziamento, d’intesa con le Regioni e gli Enti locali interessati, di servizi di supporto alle imprese che attivino processi di emersione (lo stanziamento è di 10 milioni di euro annui per il 2007 ed il 2008, cifra ritenuta del tutto insufficiente da parte sindacale[9] )(cfr. art.1, comma 1156, lett.a).

Ai fini di promuovere la regolarità contributiva quale requisito necessario per la concessione di benefici ed incentivi è poi prevista, in via sperimentale, tramite uno o più decreti, sentite le parti sociali ed i Ministeri interessati, l’individuazione di indici di congruità, articolati per settore, per categorie di imprese e per territorio, volti a definire il rapporto tra la qualità dei beni prodotti e dei servizi offerti e la quantità di ore di lavoro da presumersi necessarie per realizzarli, nonché lo scostamento considerato tollerabile (art.1, commi 1173-1174).

E’ poi esteso a tutti i settori, a partire dal 1°luglio 2007, l’obbligo del possesso del Documento unico di regolarità contributiva (Durc), quale condizione per l’accesso ai benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale, fermi restando peraltro gli altri obblighi di legge ed il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali, nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Le modalità di rilascio, i contenuti analitici del Durc, nonchè le tipologie di irregolarità pregresse non ostative al rilascio di tale documento verranno definite tramite decreto del Ministero del lavoro. Sono nel frattempo fatte salve le disposizioni vigenti nei settori dell’edilizia e dell’agricoltura (art.1, commi 1175-1176).

Sul punto non è peraltro precisato il ruolo che può essere svolto dagli enti bilaterali né l’obbligo dell’”integrale” rispetto dei contratti collettivi[10].

Diventa inoltre operativo per tutti i datori di lavoro l’obbligo di comunicare ai servizi territorialmente competenti, mediante documentazione avente data certa di trasmissione, le assunzioni il giorno antecedente a quello di instaurazione dei rapporti di lavoro. Tale obbligo riguarda sia il lavoro subordinato sia il lavoro autonomo in forma coordinata e continuativa, anche nella modalità a progetto, nonché i soci lavoratori di cooperativa e gli associati in partecipazione con apporto lavorativo. In caso di urgenza è richiesta la comunicazione anticipata delle generalità del lavoratore e del datore di lavoro, mentre gli altri dati possono essere trasmessi entro cinque giorni (art.1, comma 1180)[11].

Al fine di coordinare specifici interventi di contrasto al lavoro sommerso ed alla evasione contributiva è poi esteso alle Camere di commercio l’obbligo di fornire i propri dati, mettendoli a disposizione, secondo modalità definite tramite convenzione, anche per via telematica, dei servizi ispettivi del Ministero del lavoro (art.1, commi 1168/1171).

Sono inoltre quintuplicati gli importi delle sanzioni amministrative previste per la violazione di norme in materia di lavoro, legislazione sociale, previdenza e tutela della sicurezza e salute nei luoghi di lavoro entrate in vigore prima del 1°gennaio 1999, ad eccezione di quelli relativi alla violazione derivante dalla omessa istituzione o esibizione dei libri matricola e paga (sanzione amministrativa da 4.000 a 12.000 euro) ( art.1, commi 1177/1179).

Di particolare rilievo è poi la procedura di regolarizzazione e di riallineamento retributivo e contributivo (art.1, commi 1192/1201).

Viene infatti offerta la possibilità ai datori di lavoro di regolarizzare rapporti di lavoro totalmente in nero tramite istanza da presentare all’INPS entro il 30 settembre 2007. Precondizione, come sopra accennato, è la stipula di accordi aziendali o territoriali finalizzati alla regolarizzazione, mediante contratti di lavoro subordinato e sottoscrizione di atti di conciliazione individuale, con gli effetti di cui agli artt.410 e 411 c.p.c. (inimpugnabilità). Per il periodo pregresso gli obblighi contributivi ed assicurativi a carico del datore di lavoro sono ridotti a 2/3 della somma dovuta in origine (all’atto della presentazione dell’istanza all’INPS va versato 1/5 del totale dovuto mentre il restante è rateizzato in 60 rate mensili senza interessi). Nulla è dovuto da parte del lavoratore, che avrà un trattamento previdenziale proporzionato a quanto effettivamente versato.

L’adesione alla procedura garantisce l’estinzione dei reati nonché delle altre sanzioni connesse; tuttavia le agevolazioni sono concesse solo se i datori di lavoro mantengono in servizio i lavoratori per almeno 24 mesi dalla regolarizzazione del rapporto, salve le ipotesi di dimissioni o di licenziamento per giusta causa.

Perplessità suscita in tale contesto la previsione, come da ultimo modificata, secondo la quale per la durata di un anno dalla presentazione dell’istanza di regolarizzazione “sono sospese le eventuali ispezioni e verifiche da parte degli organi di controllo e vigilanza nella materia oggetto della regolarizzazione anche con riferimento a quelle concernenti la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori[12]. D’altro lato si concede un anno di tempo per “completare, ove necessario, gli adeguamenti organizzativi e strutturali previsti dalla vigente legislazione in materia di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori”. Anche se più avanti nel testo si condiziona l’efficacia estintiva “al completo adempimento degli obblighi in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, verificato alla scadenza del predetto anno dai competenti organi ispettivi..”, è da osservare infatti che una cosa è l’assolvimento degli obblighi contributivi ed assicurativi, in merito al quale in via del tutto eccezionale è ammissibile la sospensiva, altra cosa è il rispetto delle norme prevenzionali. Si pensi al fondamentale obbligo della valutazione dei rischi, alla sorveglianza sanitaria, alla messa a disposizione e verifica d’uso dei dispositivi di protezione individuale, all’informazione e formazione alla sicurezza prima dell’assegnazione alle mansioni. Si tratta di misure la cui attuazione (al pari del conseguente controllo da parte degli organi di vigilanza) non può essere dilazionata nel tempo pena l’incolumità stessa del lavoratore. Al contrario le strutture pubbliche competenti dovrebbero accompagnare il datore di lavoro (ed i lavoratori) interessato da una procedura di regolarizzazione al pieno rispetto degli obblighi di sicurezza, mediante una qualificata attività di informazione, consulenza ed assistenza.

Le misure per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro

 

 

La linea della stabilizzazione dei rapporti di lavoro è realizzata principalmente mediante la riduzione del cuneo fiscale, prevedendo, tra l’altro, una deduzione pari a 5.000 euro annui per ogni lavoratore assunto a tempo indeterminato, cifra raddoppiata per il Mezzogiorno (cfr. art.1, comma 266), l’aumento della aliquota contributiva ai fini pensionistici (dal 17.90% al 23%) per i parasubordinati ed i lavoratori autonomi privi di altra copertura previdenziale (art.1, comma 770)[13], ed in particolare con gli accordi di stabilizzazione (art.1, commi 1202/1210).

E’ infatti data la possibilità ai committenti di stipulare, entro il 30 aprile 2007, accordi aziendali ovvero territoriali volti alla trasformazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, in contratti di lavoro subordinato, di almeno 24 mesi. A seguito dell’accordo i lavoratori interessati sottoscrivono atti di conciliazione individuale, con gli effetti di cui agli artt.410 e 411 c.p.c., la cui validità rimane tuttavia condizionata al versamento, da parte del solo datore di lavoro, alla gestione separata INPS, a titolo di contributo straordinario integrativo finalizzato al miglioramento del trattamento previdenziale del lavoratore, di una somma pari alla metà della quota di contribuzione a carico dei committenti per i periodi di vigenza dei contratti di collaborazione. I datori di lavoro depositano presso le competenti sedi INPS gli atti di conciliazione, unitamente ai contratti stipulati con ciascun lavoratore e alla attestazione dell’avvenuto versamento di una somma pari ad 1/3 del totale dovuto, potendosi provvedere per la parte restante in 36 ratei mensili.

Tale procedura comporta per i periodi pregressi l’estinzione dei reati e delle altre sanzioni connesse. Per i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato scattano i benefici legati alla riduzione del cuneo fiscale.

Le parti sociali possono infine stabilire, anche tramite accordi interconfederali, misure volte a promuovere il corretto utilizzo dei contratti di collaborazione nonché a prevedere condizioni di maggior favore per i lavoratori, restando affidata al Ministero del lavoro l’azione per il monitoraggio in relazione all’evoluzione dei corrispettivi di tali categorie.

Appalti e sicurezza del lavoro

 

 

In materia di appalti sono da sottolineare significative novità introdotte dalla legge Finanziaria 2007 (art.1, commi 910-911).

In primo luogo al comma 1, dell’art.7, del d.lgs.n.626/1994, l’alinea è sostituita nel modo seguente: “Il datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori a imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi, all’interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell’ambito dell’intero ciclo produttivo dell’azienda medesima”. Si mette dunque in rilievo la responsabilità del datore di lavoro in tutta la catena dell’appalto e del subappalto, anche su un versante “esterno”, potendo intendersi in tal senso il riferimento all’ “intero ciclo produttivo”.

Con l’aggiunta del comma 3 bis, all’art.7, del d.lgs.626/1994, si prevede inoltre la responsabilità in solido dell’imprenditore committente con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori, “per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall’appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro”. Sul punto è tuttavia da osservare che, in base al principio di automaticità delle prestazioni, il lavoratore rientrante nell’obbligo assicurativo, in caso di infortunio o malattia professionale, è comunque tutelato dall’INAIL, anche nel caso in cui il proprio datore di lavoro non abbia provveduto al pagamento del premio[14].

Modificandosi infine l’art.29, comma 2, del d.lgs.n.276/2003, si estende a due anni dalla cessazione dell’appalto la responsabilità solidale del committente, imprenditore o datore di lavoro, con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori, per la corresponsione ai lavoratori dei trattamenti retributivi e contributivi dovuti.

Le altre norme sulla sicurezza del lavoro riguardano principalmente minori contributi nonchè finanziamenti per interventi in materia. Così sono, tra l’altro, ammessi in deduzione i contributi per le assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro per i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (art.1, comma 266); per il settore artigiano si prevede poi una riduzione dei premi INAIL per il 2007, nei limiti di 100 milioni di euro (art.1, comma 779); tale riduzione sarà strutturale a partire dal 1 gennaio 2008, con priorità per le imprese in regola con tutti gli obblighi previsti dal d.lgs.n.626/1994 e dalle specifiche normative di settore, le quali: abbiano adottato piani pluriennali di prevenzione per l’eliminazione delle fonti di rischio e per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e di igiene nei luoghi di lavoro, concordati con le parti sociali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e territoriale, anche all’interno di enti bilaterali,e trasmessi agli Ispettorati del lavoro; non abbiano registrato infortuni nel biennio precedente alla data di richiesta di ammissione al beneficio (art.1, commi 780-781); il finanziamento, attraverso le risorse del Fondo speciale infortuni, di attività promozionali ed eventi in materia di salute e sicurezza del lavoro nonché l’istituzione di un apposito Fondo, presso il Ministero del lavoro, per sostenere le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro (art.1, commi 1186-1187).

Spunti conclusivi

 

 

Le misure emanate, pur con i limiti sopra evidenziati, sono dunque indirizzate a promuovere il lavoro regolare e la stabilità dei rapporti di lavoro. Elemento centrale di tale strategia è la riserva di benefici ed incentivi alle sole imprese che presentino determinate condizioni: rispetto delle norme di sicurezza sul lavoro; applicazione dei contratti collettivi; corretto adempimento (almeno per il futuro nel caso degli accordi per l’emersione e di stabilizzazione) degli obblighi contributivi ed assicurativi.

Ciò chiama in causa anche il sistema delle relazioni tra istituzioni e parti sociali, ed in particolare il ruolo della bilateralità, non affrontato in questa sede[15], ai fini dei controlli e delle misure premiali.

Le problematiche di carattere giuridico che possono sorgere al riguardo hanno a che fare prioritariamente con il rispetto del principio di libertà sindacale negativa, ex art.39, Cost. (la libertà cioè da parte del singolo- lavoratore o datore di lavoro- di non aderire ad alcuna organizzazione sindacale ed al conseguente assetto contrattuale).

A ben vedere tuttavia, riprendendo alcune argomentazioni del dibattito che si è sviluppato in merito alla disciplina previgente[16], il rispetto dei contratti collettivi per ottenere benefici ed incentivi, più che alla stregua di un obbligo può essere configurato come un onere per il datore di lavoro. Questi resta infatti comunque libero di scegliere la soluzione a lui più conveniente[17].

D’altro lato pare del tutto legittimo che il legislatore operi una sorta di selezione, per il conferimento di risorse pubbliche, tra le imprese che operano sul mercato a seconda del grado di affidabilità sociale delle stesse.

 

 

 



[1] In particolare là dove si stabilisce che “l’adeguamento alle indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti…esclude l’applicazione delle relative sanzioni penali, amministrative e civili”.

[2] Cfr. al riguardo il protocollo d’intesa sottoscritto il 15 aprile 2004 tra le associazioni di categoria delle parti sociali e gli enti previdenziali per il rilascio del Documento Unico di Regolarità Contributiva (Durc). Con le circolari INPS 26 luglio 2005, n.92 ed INAIL 25 luglio 2005, n.38, dal testo unificato approvato dal Ministero del lavoro, si è data attuazione a tale convenzione; per i tratti essenziali della disciplina cfr. P.PENNESI-D.PAPA, Documento unico di regolarità contributiva: le regole per il rilascio, in DPL,2005, pp.1793 ss.

[3] Per un commento cfr., tra gli altri, P.PENNESI-D.PAPA, Lotta al lavoro sommerso e sicurezza del lavoro: primi orientamenti interpretativi, in Guida lav.,n.36, 2006, pp.13 ss.; P.RAUSEI,Cantieri edili:la maxisanzione,in DPL,2006, pp.2449 ss.; M.R.GHEIDO, Cantieri: misure urgenti a tutela dei lavoratori, in DPL, 2006, pp.2051 ss. Per chiarimenti sul piano operativo cfr. circolare Ministero lavoro n.29, del 28 settembre 2006, circolare INPS, n.111, del 13 ottobre 2006; circolare INAIL n.45, del 23 ottobre 2006, in DPL, 2006, pp.2461 ss.

[4] E’ da segnalare peraltro la difficoltà di accertamento delle violazioni alla normativa in esame dal momento che questa è improntata ad un’estrema flessibilità, sia in riferimento alla durata normale (art.3) e massima (art.4) della settimana lavorativa sia in relazione al periodo minimo di riposo giornaliero (art.7)

[5] Cfr. in tal senso la circolare del Ministero del lavoro n.29/2006.

[6] Cfr. al riguardo G.FALASCA,La legge di conversione cambia ancora il regime di responsabilità per appalti e subappalti, in Guida lav.,n.36, 2006, pp.26 ss.

[7] Tra il 12 agosto (data di entrata in vigore del “decreto Bersani”) e la fine di ottobre 2006 sono stati ispezionati oltre 4.000 cantieri, per un totale di quasi 6.000 aziende. Di queste il 56.2% presentavano situazioni di irregolarità. I cantieri chiusi perché al loro interno la quota di lavoratori in nero superava il 20% sono stati 227; in 1/3 dei casi il provvedimento è stato revocato per avvenuta regolarizzazione. Nel corso delle ispezioni sono state accertate le posizioni irregolari di 729 lavoratori, di cui 176 clandestini. Oltre 500 le sanzioni inflitte alle aziende che utilizzavano lavoro nero, per un totale di 2.8 milioni di euro; sanzioni per un importo pari a 224.000 euro hanno riguardato violazioni delle norme sul tesserino di riconoscimento; cfr. quanto riportato dal quotidiano la Repubblica, martedì 21 novembre 2006, p.12.

[8]Ai sensi dell’art.1, comma 1, lett.m), d.lgs.n.66/2003 per “contratti collettivi di lavoro” si intendono i “contratti collettivi stipulati da organizzazioni sindacali dei lavoratoricomparativamente più rappresentative”; ai sensi dell’art.2, comma 1, lett.m), d.lgs.n.276/2003 per “associazioni di datori e prestatori di lavoro” si intendono le “organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative”.

[9]Cfr.per la posizione della CISL,il commento del segretario generale R.Bonanni sulla proposta di l.Finanziaria 2007, in Conquiste del lavoro, inserto n.1, del 26 ottobre 2006 e per maggior dettaglio sul punto il contributo di L.Ricciardi e G.Tavernese, in Conquiste del lavoro, cit., pp.10-12.

[10] Cfr. nota precedente.

[11] Cfr.al riguardo, per indicazioni operative, la nota del Ministero del lavoro 3 gennaio 2007.

[12] Peraltro “resta ferma la facoltà dell’organo ispettivo di verificare la fondatezza di eventuali elementi nuovi che dovessero emergere nella materia oggetto della regolarizzazione, al fine dell’integrazione della regolarizzazione medesima da parte del datore di lavoro”.

[13] Deve poi essere aggiunta l’ulteriore aliquota dello 0.50% destinata a garantire le prestazioni di maternità e quelle per l’assegno del nucleo familiare.

[14] Sulla sicurezza nel lavoro in appalto cfr., anche per riferimenti, M.LAI, Flessibilità e sicurezza del lavoro, Giappichelli, Torino, 2006, pp.63 ss.

[15] Cfr. in materia, da ultimo, M.LAI, Appunti sulla bilateralità, in via di pubblicazione su Dir.rel.ind.

[16] Cfr. in particolare A.BELLAVISTA, Benefici contributivi ed enti bilaterali artigiani, nota a Pret.Verona 10 settembre 1997, in Riv.it.dir.lav., 1998, II, pp.476 ss.

[17] Cfr. in tal senso Corte Cost. (sentenza n.270/1987), in Foro it., 1988, I, c.1604. Di “dovere-libero” parla autorevole dottrina, cfr. P.RESCIGNO,Manuale del diritto privato italiano, Jovene, Napoli, 1994, p.273.