Intervento di apertura alla giornata di studio in ricordo di Mario Napoli, Centro Studi Nazionale Cisl Firenze, 27 maggio 2015
(di Marco Lai, Responsabile area giuslavoristica Centro Studi Cisl Firenze)
Il mio incontro con Mario Napoli risale alla metà degli anni ’80, quando giovane laureato al Centro Studi Cisl di Firenze, la Segreteria Confederale, e l’allora Direttore, Lorenzo Caselli, pensarono bene di affidare il rafforzamento della mia preparazione in materia di diritto del lavoro e sindacale alle “cure” di un docente dell’Università Cattolica di Milano. Da allora Mario Napoli è stato per me ispiratore e punto di riferimento per tanti eventi formativi e culturali.
Al Centro Studi di Firenze veniva volentieri. Si vantava di essere stato lui stesso, per un breve periodo, nei primi mesi del 1968, “Assistente giuridico del Centro Studi Cisl di Firenze”, prima di essere nominato presidente dell’Unione nazionale universitaria rappresentativa italiana (UNURI), ultimo a ricoprire tale carica.
Sono di questo periodo le lezioni sui Fondamenti del diritto sindacale, a cui in seguito ho abbondantemente attinto, dove si esaminavano i contenuti essenziali della libertà sindacale, sia sul piano individuale che collettivo, nonché nell’impresa e verso lo Stato, e le conseguenze della mancata attuazione dell’art. 39, Cost., con particolare riguardo all’efficacia dei contratti collettivi.
Destinatari erano in particolare i “contrattualisti” del settore privato e gli “operatori degli uffici vertenze”, che rappresentano tuttora un target consolidato dei percorsi formativi del Centro Studi Cisl. Diceva che gli ponevo sempre questioni complicate, che peraltro affrontava con uno scarno appunto, scritto in grande per la miopia, con la stilografica blu, riuscendo ad intrattenere per ore classi di allievi sindacalisti, con immutata attenzione. Nello specifico due le tematiche, tuttora di rilievo, rispetto alle quali il contributo di Mario Napoli è stato particolarmente illuminante: il rapporto tra contratti collettivi di diverso livello, con un’attenta ricostruzione delle diverse soluzioni interpretative, fino ad un approdo volto a valorizzare l’ordinamento intersindacale, distinto ed autonomo dall’ordinamento statuale, che trova al proprio interno le regole di funzionamento, e soprattutto il rapporto tra interessi individuali ed interesse collettivo, di cui il sindacato è portatore a titolo originario. Concezione questa di un sindacato maturo e responsabile, alla quale mi sono sempre ispirato, dove il contratto collettivo non è la mera espressione di esigenze individuali, bensì punto di equilibrio, il frutto di una scelta tra i diversi interessi in gioco operata dal sindacato, che ha una propria sfera di autonomia, distinta da quella dei singoli lavoratori interessati.
Negli anni ’90 le aree di interesse si allargarono ai temi del mercato del lavoro e delle politiche per l’impiego (stante anche l’esperienza maturata attraverso la costituzione e lo sviluppo dell’Agenzia del lavoro della Provincia autonoma di Trento), traducendosi sul piano formativo nei corsi per “esperti sindacali in politiche del lavoro”. Al contempo Mario Napoli mi incoraggiava a più riprese ad individuare un argomento da approfondire in un lavoro monografico. Inizialmente la scelta cadde sul tema dell’orario di lavoro (poi riportato in pubblicazioni di minor rilievo). Ancora una volta è da segnalare l’originalità dell’impianto suggerito: quello che potremmo definire “modello a croce” (comune segno distintivo che non necessita di essere esibito); l’importanza cioè di considerare non solo gli aspetti quantitativi, i limiti giornalieri, settimanali ed annuali del tempo di lavoro, ma anche i profili distributivi, connessi alla collocazione temporale dell’orario (particolare rilievo assume in tale ambito la questione delle clausole elastiche nel part-time).
Nel seguirmi poi, per tre lunghi anni, nella ricerca sulla sicurezza sul lavoro (sfociata poi nel volume “La sicurezza del lavoro tra legge e contrattazione collettiva”, Giappichelli editore, Torino, 2002, con sua prefazione), un tema classico della riflessione giuslavoristica, non volendo inseguire il nuovismo ad ogni costo, fin dal titolo la scelta fu di coniugare la dimensione individuale con quella collettiva, mettendo in rilievo, accanto alla regolazione legislativa, l’apporto fornito, come completamento della stessa o nella sua attuazione, dalla contrattazione collettiva e dalle forme di rappresentanza specifica dei lavoratori. Terreni inesplorati erano quelli concernenti la salute e sicurezza nelle tipologie contrattuali flessibili (telelavoro, lavoro interinale, collaborazioni coordinate e continuative) nonché le implicazioni derivanti alla riforma del titolo V° della Costituzione, stante la problematica inclusione della “tutela e sicurezza del lavoro” tra le materie di legislazione concorrente.
Nel corso degli anni 2000 le iniziative formative, di taglio giuslavoristico, al Centro Studi Cisl di Firenze hanno prevalentemente ruotato attorno alla applicazione della “legge Biagi”. E’ da ricordare in particolare il dibattito sullo Statuto dei lavori , volto alla costruzione di un nuovo sistema di tutele, valido non solo per il lavoro subordinato, ma anche per il lavoro parasubordinato ed autonomo, secondo peraltro i tratti distintivi delle politiche comunitarie di flexsecurity, per cui ad una regolazione flessibile del rapporto di lavoro dovrebbe accompagnarsi un sostegno al reddito in caso di difficoltà occupazionale (sospensione/cessazione del rapporto di lavoro) e soprattutto un sistema efficace di politiche attive, ai fini del reimpiego.
Nell’ultimo periodo, pur provato nella salute, Mario Napoli non ha voluto comunque far mancare la sua generosa partecipazione alle iniziative formative del Centro Sudi Cisl.
Come in una sorta di gioco circolare si è tornati ai temi classici della rappresentanza e della contrattazione collettiva, nella prospettiva di una sua riforma tesa a valorizzare il livello decentrato. Altrettanto significativi sono gli apporti in materia di partecipazione dei lavoratori e delle loro rappresentanze sia nell’impresa che sul territorio, con un’attenzione al ruolo degli enti bilaterali. Si deve a Mario Napoli l’illuminante qualificazione del rapporto tra contrattazione e bilateralità in maniera analoga a quello tra potere legislativo e azione di governo. Se infatti “per il sindacato è più facile concorrere, con le controparti , alla produzione di regole, mediante la contrattazione collettiva….la gestione di un ente presuppone la capacità di soluzione dei problemi mediante una vera arte di governo”- M. Napoli, Gli enti bilaterali nella prospettiva di riforma del mercato del lavoro, in Jus, 2003, p. 237-. Bilateralità che, pur riconosciuta dal legislatore, trova nella contrattazione collettiva la fonte primaria di regolazione ed indirizzo.
Le tortuose modifiche della “legge Fornero” alla disciplina del licenziamento illegittimo, definite “un vero e proprio mostro giuridico”, avevano alquanto disilluso chi, come Mario Napoli, aveva sempre considerato il Diritto del lavoro come un “termometro di civiltà giuridica” e non, viceversa, un ostacolo allo sviluppo. Un Diritto del lavoro volto a garantire i diritti fondamentali, specie di matrice costituzionale, per poi affidarsi per la regolazione dei rapporti di lavoro al libero esplicarsi della contrattazione collettiva.
L’evoluzione più recente e l’iperattivismo legislativo prefigurato dal Jobs Act lancia sfide impegnative al sindacato, specie sui temi della rappresentanza e della contrattazione.
Si pone in particolare il problema di chi rappresenti il sindacato e di quanto rappresenti il sindacato, stante anche la difficoltosa implementazione del Testo unico del 2014. Si avverte peraltro la necessità di una risposta “alta”, verso il definitivo superamento del dualismo nel mercato del lavoro tra protetti e non protetti, con specifico riguardo alle tipologie contrattuali flessibili, ivi compreso il lavoro autonomo debole, attraverso il riconoscimento di tutele essenziali (in caso di malattia, gravidanza, infortunio). D’altro lato, e forse ancor più, è da affrontare la questione della rappresentatività dell’associazionismo datoriale, oggi quanto mai composito e frantumato, e di quali indicatori utilizzare per il suo accertamento (numero dei lavoratori occupati/numero delle imprese associate).
Più in generale la prospettiva è quella, come direbbe Mario Napoli, di una contrattazione partecipativa, in azienda e nel territorio, in cui l’accordo non è da intendere come armistizio tra parti contrapposte ma come processo per la gestione condivisa dei problemi; una contrattazione che non sia solo strumento di tutela ma volano di sviluppo economico e sociale per soluzioni innovative, valorizzando il sapere organizzativo del lavoro.
Mario Napoli è stato profondamente un uomo della Cisl, orgoglioso di esserlo e di credere nei valori fondanti dell’autonomia, della solidarietà, della partecipazione, ai quali ha contribuito dall’esterno, ma comunque sempre al fianco dell’Organizzazione, con un apporto originale e significativo, giocando un ruolo di rilievo nell’ambito della dottrina giuslavoristica del nostro Paese.
Ripercorrere brevemente l’apporto di Mario Napoli al Centro Studi Cisl di Firenze è stato un po’ come ripercorrere le tappe principali della mia vicenda personale.
Rimane, immutato, l’insegnamento, l’ordine e il rigore ed al contempo l’attenzione e la curiosità verso il nuovo, la sua mite, vitale amabilità, frutto di disinteressata generosità e di profonda umanità, merce assai rara in tutti i campi del vivere sociale.