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LA FORMAZIONE PER LA SICUREZZA NEGLI ACCORDI STATO-REGIONI: ADEMPIMENTO O OPPORTUNITA’?

di Marco Lai

(Centro Studi Cisl/Università di Firenze)

 
 

SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. L’Accordo per la formazione dei lavoratori. – 3. Segue: Requisiti dei docenti, organizzazione della formazione, metodologia di insegnamento/apprendimento. – 4. Segue: La formazione dei lavoratori. – 5. Segue:La formazione dei preposti. – 6. Segue: La formazione dei dirigenti. – 7. Segue: Attestati e crediti formativi. – 8. Segue: L’aggiornamento. – 9. Segue: La disciplina transitoria, il riconoscimento della formazione pregressa e l’aggiornamento dell’Accordo.

 
 
 
 
 
 
 
  1. Introduzione
 

Di particolare rilievo sono gli accordi sottoscritti in sede di Conferenza Stato-Regioni il 21 dicembre 2011, in materia di formazione per la salute e sicurezza sul lavoro, che vengono potenzialmente ad interessare circa 22 milioni di soggetti ed oltre 5 milioni di imprese.

Si tratta nello specifico dell’Accordo per la formazione dei lavoratori e dell’Accordo per lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi, previsti rispettivamente dall’art.37, comma 2, e dall’art.34, commi 2 e 3, del d.lgs. n.81/2008 e s. m. i., che avrebbero dovuto essere emanati entro dodici mesi dalla sua entrata in vigore (in questa sede ci occuperemo prevalentemente dell’Accordo per la formazione dei lavoratori- di seguito Accordo).

E’ auspicabile che soprattutto il mondo delle imprese, insieme a tutti i soggetti che sono impegnati in tale delicato settore (consulenti aziendali, medici competenti, parti sociali, istituzioni), sappia cogliere l’occasione del massiccio intervento formativo richiesto dagli Accordi per affermare quella “cultura della sicurezza” spesso evocata nei convegni ma ancora troppo poco praticata negli ambienti di lavoro, e non scelga la strada più facile dell’adempimento formale o uno dei tanti rivoli consentiti dalla disciplina derogatoria.

 
 
  1. L’Accordo per la formazione dei lavoratori
 

La formazione dei lavoratori, nell’ottica “partecipativa” propria del d.lgs. n.81/2008 e s. m. i., pare essenziale per garantire un più elevato livello di protezione. La partecipazione ai percorsi formativi (e di addestramento), nel quadro di una estensione delle attività formative per tutti i soggetti che a vario titolo intervengono nel sistema di prevenzione aziendale, rappresenta d’altro lato, oltre che un diritto, un obbligo per lo stesso lavoratore [1].

L’Accordo, dando attuazione all’art.37, comma 2, d.lgs. n.81/2008 e s. m. i., secondo quanto esplicitato in Premessa, disciplina “la durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione, nonché – elemento non menzionato nel decreto – dell’aggiornamento” dei lavoratori e delle lavoratrici, quali definiti dall’art.2, comma 1, lett. a). Si è peraltro colta l’occasione per regolare anche la formazione di preposti e dirigenti, rispetto ai quali vi è sì uno specifico obbligo formativo e di aggiornamento a carico del datore di lavoro (ai sensi dell’art.37, comma 7, d.lgs. n.81/2008 e s. m. i.), ma non un espresso rinvio all’Accordo in esame. Al riguardo si precisa che il datore di lavoro che abbia posto in essere un percorso formativo di contenuto differente da quello dell’Accordo dovrà dimostrare che tale percorso ha fornito a dirigenti e/o preposti una formazione “adeguata e specifica”. La disciplina contenuta nell’Accordo non potrà acquisire per questo carattere vincolante, rappresentando comunque una sorta di utile linea guida per la formazione di dirigenti e preposti.

L’Accordo costituisce anche riferimento per la formazione facoltativa dei soggetti di cui all’art.21, d.lgs. n.81/2008 e s. m. i., tra i quali i componenti dell’impresa familiare ed i lavoratori autonomi [2].

Sempre in Premessa si puntualizza che la formazione contemplata nell’Accordo va tenuta “distinta da quella prevista dai titoli successivi al I° del D.Lgs. n.81/08 o da altre norme, relative a mansioni o ad attrezzature particolari”. Se da un lato si è persa l’occasione per disciplinare compiutamente la formazione dei lavoratori “in merito ai rischi specifici di cui ai titoli…successivi al I°”, stante l’espresso richiamo dell’art.37, comma 3 all’Accordo in esame, dall’altro non del tutto coerente con quanto affermato in Premessa è la previsione, concernente la formazione specifica dei lavoratori, secondo la quale “…i rischi specifici di cui ai Titoli del D.Lgs. n.81/08 successivi al I° costituiscono oggetto della formazione” [3].

D’altro lato carattere ulteriore rispetto alla formazione ha l’addestramento (di cui al comma 5, dell’art.37), che attiene ad un profilo più operativo, di istruzione pratica circa il corretto utilizzo delle attrezzature e delle procedure di lavoro.

L’Accordo non si applica nei confronti dei lavoratori stagionali, in attesa delle disposizioni attuative di cui all’art.3, comma 13, del d.lgs. n.81/2008, fermo restando che decorso il termine di diciotto mesi dalla data di pubblicazione (11 luglio 2013) senza l’emanazione dei suddetti provvedimenti, la relativa disciplina si estenderà anche a tale categoria di lavoratori.

La formazione può avvenire “sia in aula che nel luogo di lavoro” [4] (per la formazione secondo modalità e-Learning si veda oltre).

La formazione dei lavoratori deve peraltro svolgersi in raccordo con il sistema di bilateralità presente sul territorio. Ai sensi infatti dell’art.37, comma 12, del d.lgs. n.81/2008 e s. m. i. , la formazione dei lavoratori (e quella dei loro rappresentanti – Rls -) “deve avvenire in collaborazione con gli organismi paritetici, ove presenti nel settore e nel territorio in cui si svolge l’attività del datore di lavoro..” [5]. Il necessario coinvolgimento degli organismi paritetici si giustifica con la finalità di operare un monitoraggio dei percorsi formativi proposti. Sul punto l’Accordo, quale nota in Premessa, (come già la circolare del Ministero del lavoro n.20, del 29 luglio 2011, che si segnala in particolare per la necessaria rappresentatività di tali organismi) [6] associa impropriamente agli organismi paritetici, quali definiti dall’art.2, comma 1, lett. ee), del d.lgs. n.81/2008 e s. m. i., con competenza specifica in materia di salute e sicurezza sul lavoro, gli enti bilaterali, di cui all’art.2, comma 1, lett.h), d.lgs. n.276/2003, con funzioni più generali di regolazione del mercato del lavoro. Si precisa peraltro che qualora l’obbligatoria richiesta di collaborazione del datore di lavoro “riceva riscontro da parte dell’ente bilaterale o dell’organismo paritetico, delle relative indicazioni occorre “tener conto” nella pianificazione e realizzazione delle attività di formazione anche ove tale realizzazione non sia affidata agli enti bilaterali o agli organismi paritetici”. Il datore di lavoro potrà invece procedere autonomamente alla pianificazione e realizzazione delle attività di formazione in mancanza di organismi paritetici o di enti bilaterali oppure qualora la sua richiesta non riceva riscontro entro quindici giorni dall’invio [7].

 
 
  1. Segue: Requisiti dei docenti, organizzazione della formazione, metodologia di insegnamento/apprendimento
 

In attesa della definizione dei criteri di qualificazione della figura del formatore per la salute e sicurezza sul lavoro da parte della Commissione consultiva permanente presso il Ministero del lavoro, ai sensi dell’art.6, comma 8, lett. m-bis), del d.lgs.n.81/2008, è fissata in tre anni l’esperienza minima richiesta, di insegnamento o professionale, per poter svolgere attività di docenza. “L’esperienza professionale può consistere anche nello svolgimento per un triennio dei compiti di Responsabile del servizio di prevenzione e protezione, anche con riferimento al datore di lavoro”. Si è optato pertanto più sui requisiti dei docenti che dei soggetti erogatori dell’attività formativa (come invece nell’Accordo, siglato sempre il 21 dicembre 2011, per la formazione del datore in caso esercizio diretto dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi). E’ dubbio che la sola esperienza professionale possa essere sufficiente ai fini dell’efficacia del percorso formativo, dal momento che il docente/formatore dovrebbe essere in possesso di competenze relative non solo ai contenuti ma anche alle modalità in cui gli stessi vengono proposti ed acquisiti.

Per ciascun corso si dovrà prevedere, anche in raccordo con quanto da riportare negli attestati (di cui al punto 7):

“a) soggetto organizzatore del corso, il quale può essere anche il datore di lavoro;

b) un responsabile del progetto formativo, il quale può essere il docente stesso;

c) i nominativi dei docenti;

d) un numero massimo di partecipanti ad ogni corso pari a 35 unità;

e) il registro di presenza dei partecipanti;

f) l’obbligo di frequenza del 90% delle ore di formazione previste;

g) la declinazione dei contenuti tenendo presenti: le differenze di genere, di età, di provenienza e lingua, nonché quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro” [8].

Riserve suscita la scelta di elevare a 35 unità il numero massimo dei partecipanti a ciascun percorso formativo (rispetto, tra l’altro, a quanto stabilito per la formazione degli Addetti e dei Responsabili dei servizi di prevenzione e protezione) [9], specie alla luce della dichiarata intenzione di privilegiare “un approccio interattivo” nella metodologia di insegnamento/apprendimento [10]. D’altro lato la verifica della presenza o meno di tali elementi potrà risultare utile per l’esercizio dell’attività degli organi di vigilanza nonché per il Rls-Rlst nell’ambito del suo potere consultivo “in merito all’organizzazione della formazione” per le diverse figure della prevenzione (ai sensi dell’art.50, comma 1, lett. d), d.lgs. n.81/2008 e s. m. i.).

Secondo quanto stabilito dal comma 13, dell’art.37, del d.lgs. n.81/2008, e s. m. i. “il contenuto della formazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le conoscenze e competenze necessarie in materia di salute e sicurezza sul lavoro”. Nei confronti dei lavoratori immigrati la formazione avviene previa verifica della comprensione e conoscenza della lingua veicolare utilizzata nonché, aggiunge l’Accordo, “con modalità che assicurino la comprensione dei contenuti del corso di formazione, quali, ad esempio, la presenza di un mediatore interculturale o di un traduttore”. D’altro lato potranno essere disposti nei confronti di tali lavoratori “specifici programmi di formazione preliminare – non dunque sostitutiva di quella contemplata nell’Accordo – in modalità e-Learning” al fine di un più rapido abbattimento delle barriere linguistiche.

Le metodologie didattiche dovrebbero essere improntate a privilegiare un approccio interattivo, che comporti la centralità del lavoratore nel percorso di apprendimento.

A tal fine si propone:

a) un equilibrio tra lezioni frontali ed esercitazioni teoriche e pratiche;

b) metodologie di apprendimento interattive basate sul problem solving;

c) dimostrazioni, simulazioni e prove pratiche;

d) metodologie di apprendimento innovative, anche in modalità e-Learning.

Si è detto come l’impiego di tali metodologie possa risultare particolarmente problematico in mancanza di specifiche competenze formative del personale docente o in presenza di un elevato numero di partecipanti. Ulteriore elemento da considerare è la mancata definizione della quantità di ore per ciascun contenuto indicato (determinazione che rimane affidata al responsabile del progetto formativo), limitandosi l’Accordo a stabilire la durata complessiva dei percorsi formativi ed i relativi argomenti da affrontare.

L’Accordo apre in maniera significativa alle modalità di apprendimento e-Learning. L’utilizzo delle modalità di apprendimento e-Learning, sulla base dei criteri e delle condizioni di cui all’Allegato I, è consentito:

*per la formazione generale dei lavoratori;

*per la formazione dei dirigenti;

*per i corsi di aggiornamento relativi a tutte le figure previste nell’Accordo (lavoratori, preposti, dirigenti);

*parzialmente per la formazione particolare ed aggiuntiva per i preposti (punti da 1 a 5 del punto 5);

*per progetti formativi sperimentali, eventualmente individuati da Regioni e Province autonome, nei loro atti di recepimento dell’Accordo, anche in riferimento alla formazione specifica di lavoratori e preposti (oltre a quella di carattere generale).

Sulla formazione e-Learning, pur di grande potenzialità, pare opportuno muoversi con estrema cautela, specie in un settore così delicato quale è quello della salute e sicurezza del lavoro, per non ridurre il tutto a solo fattore di business per le società erogatrici.

In assenza infatti di chiare indicazioni al riguardo, l’esperienza di corsi di formazione “a distanza” nel nostro Paese, anche in tema di salute e sicurezza del lavoro, è stata in molti casi fuorviante, mirando spesso al mero adempimento normativo. Non sono stati rari i casi di corsi offerti “a distanza” per addetti al primo soccorso o alla prevenzione incendi !!!.

L’Accordo prende nettamente, appunto, le distanze da dette esperienze, precisando che “tale modello formativo non si limita…alla semplice fruizione di materiali didattici via internet, all’uso della mail tra docente e studente o di un forum online dedicato ad un determinato argomento ma utilizza la piattaforma informatica come strumento di realizzazione di un percorso di apprendimento dinamico che consente al discente di partecipare alle attività didattico-formative in una comunità virtuale..”[11]. Sul punto l’Allegato I precisa le condizioni in base alle quali si può ricorrere alle modalità e-Learning. Tra queste merita segnalare: la garanzia di un esperto (tutor o docente), con esperienza almeno triennale, a disposizione per la gestione dell’intero percorso formativo; la previsione di prove di autovalutazione “in itinere”, dovendo in ogni caso la verifica finale di apprendimento essere effettuata in presenza; la tracciabilità dei tempi di fruizione (ore di collegamento), con la possibilità di ripetere parti del percorso formativo secondo obiettivi didattici prefissati. Le ore dedicate alla formazione (anche presso il domicilio del partecipante) vanno peraltro considerate come orario di lavoro effettivo.

 
 
  1. Segue: La formazione dei lavoratori
 

La formazione dei lavoratori si articola in due moduli distinti:

a)      la formazione di carattere generale, della durata minima di 4 ore, per tutti i settori di attività, che riprende i contenuti già espressi dall’art.37, comma 1, lett.a), d.lgs. n.81/2008 e s. m. i. (concetti di rischi, danno, prevenzione ecc…). Tale formazione può essere erogata anche in modalità e-Learning;

b)      la formazione specifica, di durata minima variabile di 4, 8, 12 ore, secondo la macrocategoria di rischio in cui ricade l’azienda (rispettivamente basso, medio, alto), in base alla classificazione ATECO dei settori, di cui all’Allegato 2. Si ripropone dunque l’indicazione seguita per la formazione degli Addetti e Responsabili dei servizi di prevenzione e protezione (Modulo B), di cui all’Accordo Stato-Regioni del 26 gennaio 2006, classificando le aziende ai fini della definizione del loro livello di rischio in funzione del settore di attività. Se tale criterio consente di stabilire con una certa rapidità la durata minima dei percorsi formativi, alquanto generico è invece riguardo ai rischi a cui sono realmente esposti i lavoratori, che potranno essere individuati solo a seguito di una corretta ed esaustiva valutazione dei rischi. Sul punto l’Accordo precisa che la trattazione dei rischi indicati per la formazione specifica va declinata secondo “la loro effettiva presenza” nel settore di appartenenza dell’azienda e della specificità del rischio, dovendo contenuti e durata dei percorsi formativi essere “subordinati all’esito della valutazione dei rischi effettuata dal datore di lavoro”. La disciplina posta dall’Accordo va peraltro intesa come minima; “il percorso formativo e i relativi argomenti possono – infatti – essere ampliati in base alla natura e all’entità dei rischi effettivamente presenti in azienda, aumentando di conseguenza il numero di ore di formazione necessario”.

L’Accordo se da un lato impropriamente prevede che solo la formazione specifica, e non anche quella generale (come si può desumere invece dalla lettura dell’art.37, comma 4, d.lgs. n.81/2008 e s. m. i.), debba avvenire in occasione della costituzione del rapporto di lavoro o di cambiamenti significativi delle condizioni di lavoro, dall’altro distingue nettamente tra “aggiornamento” e “ripetizione periodica” della formazione, in relazione alla evoluzione dei rischi o all’insorgere di nuovi rischi (come del resto stabilisce l’art.37, comma 6, del d.lgs. n.81/2008 e s. m. i.).

La formazione in questione, come detto, non comprende quella prevista dai titoli successivi al I°, che dunque dovrà considerarsi aggiuntiva (anche se più di un dubbio può derivare dal testo dell’Accordo) [12]. La formazione si distingue del resto dall’addestramento, ove previsto.

Si dovrà peraltro puntare a garantire la maggiore omogeneità possibile tra i partecipanti ad ogni singolo corso, con particolare riferimento al settore di appartenenza.

Si dispongono inoltre alcune condizioni particolari.

In primo luogo possono frequentare corsi di formazione previsti per il rischio basso (di durata minima di 4 ore) i lavoratori che, a prescindere dal livello di rischio individuato per l’azienda, svolgano mansioni che non comportino la loro presenza, anche saltuaria, nei reparti produttivi (ad esempio gli impiegati amministrativi).

La formazione di primo ingresso in edilizia, della durata di 16 ore, contemplata dalla disciplina collettiva di settore, è riconosciuta come corrispondente alla formazione generale prevista nell’Accordo; si rinvia invece ai soggetti firmatari del Ccnl dell’edilizia per l’individuazione delle condizioni necessarie a garantire la corrispondenza del menzionato percorso formativo alla formazione di carattere specifico.

Più in generale è da segnalare come in relazione a “contenuti” e “durata” della formazione specifica siano fatte salve le previsioni della contrattazione collettiva e le procedure concordate a livello settoriale e/o aziendale.

E’ infine riconosciuta come equivalente, sia con riguardo alla formazione generale che specifica, la frequenza di corsi di formazione professionale presso strutture o enti di formazione professionale accreditati dalle Regioni e Province autonome, di durata e contenuto conforme a quelli dell’Accordo.

Significativo è il fatto che per la formazione dei lavoratori, diversamente dalla formazione per dirigenti e preposti, non sia disposta alcuna prova di verifica dell’apprendimento, richiedendosi solo un attestato di frequenza del 90% delle ore di formazione previste per l’intero percorso. Tale mancanza può ridurre di molto l’efficacia dell’intervento formativo nonché la portata delle stesse previsioni dell’Accordo. La formazione infatti, per essere tale, richiede, accanto a processi comunicativi interattivi, una verifica della presa di coscienza e del comportamento conseguente a quanto appreso. In tal senso si è peraltro orientata la giurisprudenza, anche della Suprema Corte [13].

 
 
  1. Segue: La formazione dei preposti
 

Tra le principali novità del d.lgs. n.81/2008 e s. m. i. vi è, come noto, l’estensione degli obblighi formativi anche a figure aziendali, quali i dirigenti ed i preposti.

Se la garanzia di ricevere da parte di tali figure “una adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico” ricade sul datore di lavoro (art.37, comma 7. d.lgs. n.81/2008 e s. m. i.) il “frequentare appositi corsi di formazione..” costituisce un obbligo specifico del preposto (art.19, comma 1, lett. g) [14].

Secondo l’Accordo in esame la formazione dei preposti deve comprendere quella per i lavoratori ed essere integrata da una formazione particolare della durata minima di 8 ore [15].

La formazione dei preposti, in quanto “aggiuntiva” a quella stabilita per i lavoratori, si articola dunque in percorsi di durata differenziata a seconda del settore di appartenenza dell’azienda in cui si viene ad operare: 16 ore (8+8) per i preposti delle aziende dei settori con classi di rischio basso; 20 ore (8+12) per i preposti delle aziende dei settori con classi di rischio medio; 24 ore (16+8) per i preposti delle aziende dei settori con classi di rischio alto.

La formazione dovrebbe peraltro essere rivolta non solo alle persone che abbiano ricevuto l’investitura formale di preposto da parte dei vertici aziendali (ai sensi dell’art.2, comma 1, lett.e), d.lgs. n.81/2008 e s. m. i.) ma anche a chi eserciti concretamente funzioni di preposto (c.d. “preposto di fatto”), indipendentemente e finanche oltre il mandato formale della qualifica posseduta, secondo il principio di effettività, espressamente sancito dall’art.299, d.lgs. n.81/2008 e s. m. i.

Riguardo ai contenuti della formazione, oltre a quelli già previsti ed indicati nel comma 7, dell’art.37, di particolare rilievo sono le specificazioni poste nell’Accordo in merito a:

“ 2. Relazioni tra i vari soggetti interni ed esterni del sistema di prevenzione”, di particolare utilità in presenza di lavori in appalto; “ 4. Incidenti e infortuni mancati”; “ 5. Tecniche di comunicazione e sensibilizzazione dei lavoratori, in particolare neoassunti, somministrati, stranieri”; “ 8. Modalità di esercizio delle funzioni di controllo dell’osservanza da parte dei lavoratori delle disposizioni di legge e aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro, e di uso dei mezzi di protezione collettivi e individuali messi a loro disposizione”. Solo parte dei contenuti indicati – punti da 1 a 5, del punto 5 – possono essere erogati in modalità e-Learning (presumibilmente quelli che meno hanno a che fare con il contesto in cui il preposto opera).

Al termine del percorso formativo, previa frequenza di almeno il 90% delle ore di formazione, è prevista, così come per i dirigenti, una prova di verifica obbligatoria da effettuarsi tramite colloquio o test, in alternativa tra loro, finalizzata ad accertare le conoscenze e le competenze tecnico-professionali acquisite.

Ferme restando le previsioni dell’Accordo relative alla durata ed ai contenuti dei corsi “le modalità delle attività formative possono essere disciplinate da accordi aziendali, adottati previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza”. E’ da precisare il raccordo tra tale previsione, circa il possibile intervento della contrattazione collettiva (aziendale) solo in ordine alle “modalità di effettuazione” della formazione di lavoratori e preposti, e quanto disposto a proposito della formazione specifica dei lavoratori, laddove, come detto, è “fatta salva la contrattazione collettiva e le procedure concordate a livello settoriale e/o aziendale” anche con riguardo a contenuti e durata dei percorsi formativi.

Altra questione concerne la possibilità di derogare tramite accordo aziendale ai limiti posti per la formazione e-Learning. Si propende per la negativa, stante il definito campo di applicazione e le condizioni in cui tale modalità di apprendimento è “consentita”, termine che non si presta ad una interpretazione estensiva.

La preventiva consultazione del Rls (sia esso aziendale, territoriale o di sito produttivo) rispetto alle modalità di effettuazione della formazione di lavoratori e preposti costituisce specificazione del generale potere consultivo attribuito al Rls “in merito all’organizzazione della formazione di cui all’art.37” (cfr. art.50, comma 1, lett.d), d.lgs. n.81/2008 e s. m. i). E’ da sottolineare tuttavia che in tale caso la consultazione si esplica sulla eventuale disciplina collettiva, di modo che nell’ipotesi non infrequente in cui il Rls sia anche rappresentante sindacale (Rsu o Rsa), egli da un lato figura quale parte firmataria dell’accordo aziendale e dall’altra dovrebbe essere consultato sullo stesso.

Per completezza è da segnalare che la formazione dei preposti (così come quella dei dirigenti) “può essere effettuata anche presso gli organismi paritetici…..ove esistenti, o presso le associazioni sindacali dei datori di lavoro o dei lavoratori” (art. 37, comma 7-bis d.lgs. n.81/2008 e s. m. i.).

 
 
  1. Segue: La formazione dei dirigenti
 

La formazione dei dirigenti, quali definiti dall’art.2, comma 1, lett.d), d.lgs. n.81/2008 e s. m. i. (ma per quanto sopra detto anche dei “dirigenti di fatto”) “sostituisce” integralmente quella prevista per i lavoratori ed è strutturata su quattro moduli: Modulo 1. Giuridico-normativo; Modulo 2. Gestione ed organizzazione della sicurezza; Modulo 3. Individuazione e valutazione dei rischi; Modulo 4. Comunicazione, formazione e consultazione dei lavoratori.

La durata minima della formazione dei dirigenti è fissata in 16 ore, a prescindere dal settore di attività a cui appartiene l’azienda.

Sfugge la logica sottesa a tale scelta indifferenziata, dal momento che anche per l’esercizio delle funzioni organizzative e di controllo, proprie dei dirigenti, pare richiedersi una preparazione ed una competenza specifica a seconda dei profili di rischio presenti in azienda.

La formazione dei dirigenti può essere erogata per intero in modalità e-Learning ed al termine del percorso formativo dovrà essere effettuata una prova di verifica dell’apprendimento (colloquio o test). Anche per i dirigenti, come per i preposti, la disciplina contenuta nell’Accordo è da considerarsi indicativa e non vincolante, in quanto non espressamente richiamata dall’art.37, del d.lgs. n.81/2008 e s. m. i.

“Tenuto conto della peculiarità delle funzioni e della regolamentazione legale vigente - (?) - la formazione dei dirigenti può essere programmata e deve essere completata nell’arco temporale di 12 mesi – (da quando ?) - anche secondo modalità definite da accordi aziendali, adottati previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza”. La disposizione, che riprende nella seconda parte quanto stabilito per i preposti, è da raccordare con la disciplina transitoria , che sul punto pare di diversa previsione [16].

 
 
  1. Segue: Attestati e crediti formativi
 

I soggetti organizzatori dell’attività formativa sono tenuti a rilasciare attestati di frequenza (da cui risulti la partecipazione al 90% delle ore di formazione previste) nonché di superamento della prova di verifica (per dirigenti e preposti); attestati che devono prevedere una serie di elementi minimi comuni [17].

Non è espressamente disposto alcun attestato di frequenza né di superamento della prova di verifica, della quale non vi è menzione, per i corsi di aggiornamento [18].

Il modello di formazione generale (di 4 ore) rivolto sia a lavoratori che a preposti (dal momento che anch’essi devono frequentare il corso per lavoratori) costituisce credito formativo permanente (e dunque non deve essere ripetuto).

Non è soggetto ad alcun obbligo di formazione il lavoratore che abbia concluso il suo percorso formativo, generale e specifico, qualora venga a costituire un nuovo rapporto di lavoro o sia inviato in missione, in caso di somministrazione di lavoro[19], presso un’azienda dello stesso settore produttivo di appartenenza di quella d’origine o precedente; nel caso invece in cui l’azienda sia di un settore diverso, il lavoratore dovrà essere sottoposto solo alla formazione specifica relativa al nuovo settore. Qualora infine il lavoratore venga assegnato ad un’altra mansione all’interno della medesima azienda multiservizi, con esposizione ad un rischio maggiore, la formazione specifica dovrà essere completata con un modulo integrativo.

In caso di trasferimento o cambiamento di mansioni, introduzione di nuove attrezzature, nuove tecnologie, nuove sostanze o preparati pericolosi, la formazione specifica per il lavoratore dovrà essere ripetuta limitatamente alle modifiche o ai contenuti di nuova introduzione.

Più in generale il datore di lavoro è comunque tenuto “ a valutare la formazione pregressa ed eventualmente ad integrarla sulla base del proprio documento di valutazione dei rischi ed in funzione della mansione che verrà ricoperta dal lavoratore assunto”.

La formazione particolare e aggiuntiva per i preposti costituisce credito formativo permanente, salvo i casi di modifica del rapporto di preposizione nell’ambito della stessa o di altra azienda.

Anche la formazione dei dirigenti si configura come credito formativo permanente e pertanto non è da ripetere.

Una disciplina particolare è posta (in nota) per la formazione dei lavoratori in caso di somministrazione di lavoro (ex artt. 20 ss. d.lgs. n.276/2003 e s. m. i.), che viene ad ampliare le prerogative della contrattazione collettiva rispetto al dettato legislativo (art.23, comma 5, d.lgs. n.276/2003 e art.3, comma 5, d.lgs. n.81/2008 e s. m. i.). Tale formazione infatti “può essere effettuata nel rispetto delle disposizioni, ove esistenti, del contratto collettivo applicabile nel caso di specie..” (è da ritenere dell’utilizzatore). Si pone il problema se la disciplina collettiva possa apportare deroghe rispetto a quanto contemplato nell’Accordo, senza dover garantire alcuna condizione di corrispondenza in ordine a durata e contenuti dei percorsi formativi.

In alternativa la formazione dei lavoratori somministrati potrà svolgersi “secondo le modalità concordate tra il somministratore e l’utilizzatore”, potendo essi stabilire che la formazione generale sia a carico del somministratore e quella specifica di settore a carico dell’utilizzatore. In difetto di accordo la formazione dei lavoratori va effettuata dal somministratore unicamente con riferimento alle attrezzature di lavoro necessarie allo svolgimento dell’attività lavorativa per la quale i lavoratori vengono assunti, sempre che, in base all’art.23, comma 5, d.lgs. n.276/2003, il contratto di somministrazione non ponga tale obbligo a carico dell’utilizzatore; in tal caso ne va fatta indicazione nel contratto con il lavoratore. Ogni altro obbligo formativo rimane a carico dell’utilizzatore.

 
 
  1. Segue: L’aggiornamento
 

L’Accordo prevede un eguale quantitativo di ore di aggiornamento [20], pari ad un minimo di 6 ore nell’arco di un quinquennio, per tutte le figure considerate (lavoratore, preposto, dirigente), indipendentemente dal livello di rischio dell’azienda. Anche in tal caso non è evidente la logica di tale scelta indifferenziata.

Stante peraltro il carattere “aggiuntivo” della formazione dei preposti rispetto a quella dei lavoratori è da ritenere che il preposto sia destinatario di un ammontare complessivo di 12 ore di aggiornamento (6 ore come lavoratore e 6 ore in quanto preposto)[21].

Riguardo ai contenuti dei corsi di aggiornamento mentre per i lavoratori si dovranno trattare “significative evoluzioni e innovazioni, applicazioni pratiche e/o approfondimenti” su materie giuridiche, tecniche ed organizzative, per i preposti ed i dirigenti l’aggiornamento dovrà essere riferito “ai propri compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro”. Se la previsione implica un’attenzione sul ruolo esercitato da tali figure nello specifico contesto lavorativo, perplessità suscita la possibilità di erogare l’intero corso di aggiornamento in modalità e-Learning.

Possono essere altresì previste, anche mediante l’utilizzo di piattaforme e-Learning, verifiche annuali sul mantenimento delle competenze acquisite, che non potranno in ogni caso ritenersi sostitutive degli obblighi in questione.

Nell’aggiornamento non è compresa la formazione relativa al trasferimento o cambiamento di mansioni e all’introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi, né la formazione in relazione all’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi.

In merito ai corsi di aggiornamento non è prevista alcuna verifica di apprendimento, né il rilascio di alcun attestato di frequenza, che in ogni caso pare indispensabile ai fini, tra l’altro, della prova dell’adempimento dell’obbligo in esame.

 
 
  1. Segue: La disciplina transitoria, il riconoscimento della formazione pregressa e l’aggiornamento dell’Accordo
 

La disciplina transitoria è alquanto frammentaria e mancante della chiarezza che sarebbe invece necessaria.

Innanzitutto si afferma che in sede di prima applicazione i datori di lavoro sono tenuti ad avviare i dirigenti e i preposti (che siano già nell’esercizio delle loro funzioni) a corsi di formazione di contenuto coerente con le disposizioni dell’Accordo in modo tale che i medesimi corsi vengano conclusi “entro e non oltre il termine di 18 mesi dalla pubblicazione” dell’Accordo (11 luglio 2013). Nella sezione dedicata ai dirigenti si precisa invece che la formazione dei dirigenti “deve essere completata nell’arco temporale di 12 mesi”, senza peraltro indicare il termine  a quo.

Diversa ancora è la disciplina transitoria per il personale (tutto) di nuova assunzione, che deve essere avviato ai rispettivi corsi di formazione anteriormente o, qualora ciò non sia possibile, contestualmente all’assunzione. In tale ultima ipotesi, ove non risulti possibile completare la formazione prima di adibire il dirigente, il preposto o il lavoratore alle proprie attività, il relativo percorso formativo deve essere completato entro e non oltre sessanta giorni dalla assunzione.

Quale ulteriore fattispecie derogatoria si prevede in fase di prima applicazione non siano tenuti a frequentare i corsi di formazione i lavoratori, preposti e dirigenti che abbiano frequentato entro e non oltre dodici mesi dalla data di entrata in vigore dell’Accordo (26 gennaio 2013) corsi di formazione “formalmente e documentalmente” approvati alla data di entrata in vigore dello stesso, che siano rispettosi delle previsioni normative in materia e delle indicazioni previste nei contratti collettivi di lavoro per quanto riguarda durata, contenuto e modalità di svolgimento dei corsi. Sul punto vi è dunque un ampio, quanto indeterminato, rinvio alla disciplina collettiva.

Esteso è inoltre l’ambito di riconoscimento della formazione pregressa. Pur in attesa della disciplina contenuta nell’Accordo il datore di lavoro avrebbe comunque dovuto provvedere alla formazione di lavoratori, preposti e dirigenti, ai sensi dell’art.37, d.lgs. n.81/2008 e s. m. i., fin dal momento della sua entrata in vigore.

Con riferimento alla formazione erogata prima della pubblicazione dell’Accordo (11 gennaio 2012), fermo restando l’obbligo di aggiornamento, si riconoscono i corsi di formazione, generale e specifica, per lavoratori, che risultino coerenti in termini di durata, contenuti e modalità di svolgimento con le previsioni normative nonché con le eventuali indicazioni della disciplina collettiva.

Per i preposti vale quanto sopra detto per la formazione dei lavoratori, alla quale sono anch’essi tenuti, ma tale formazione dovrà essere integrata con la formazione particolare ed aggiuntiva di 8 ore, da concludere entro e non oltre il termine di dodici mesi dalla pubblicazione dell’Accordo (11 gennaio 2013). In assenza di un’espressa previsione al riguardo è dubbio infatti che per i preposti la formazione pregressa possa assumere carattere sostitutivo di quella particolare ed aggiuntiva disposta dall’Accordo.

Qualora peraltro la formazione prevista per i lavoratori (e i preposti) fosse stata erogata da più di cinque anni dalla data di pubblicazione dell’Accordo (antecedentemente all’11 gennaio 2007), occorre procedere al suo aggiornamento (di 6 ore) entro e non oltre dodici mesi (11 gennaio 2013).

Per quanto riguarda i dirigenti viene riconosciuta la formazione pregressa se con contenuti conformi all’art.3, del d.m. 16 gennaio 1997 (relativo alla formazione del datore di lavoro in caso di esercizio diretto dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi), purchè effettuata dopo il 14 agosto 2003, o a quelli del modulo A per Aspp e Rspp previsto dall’Accordo Stato-Regioni, del 26 gennaio 2006. Sul punto è appena il caso di sottolineare la diversità tra le due figure: l’una il dirigente, di line aziendale, con poteri operativi, l’altra (l’Aspp e Rspp) di staff, con ruolo consultivo; d’altro lato il Modulo A è quello base, di carattere generale, mentre la formazione dei dirigenti contemplata nell’Accordo tende auspicabilmente a fornire anche strumenti di natura operativa.

Presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito un gruppo tecnico, del quale fanno parte anche le parti sociali, al fine di valutare la prima applicazione dell’Accordo e di elaborare proposte migliorative ed eventuali adeguamenti (da realizzare ?) entro diciotto mesi dalla sua entrata in vigore.

 
 
 
 
RIASSUNTO
 

Un nuovo impulso allo sviluppo della cultura della sicurezza viene dagli accordi sottoscritti in sede di Conferenza Stato-Regioni il 21 dicembre 2011, in materia di formazione per la salute e sicurezza sul lavoro. L’autore passa in rassegna in particolare l’Accordo per la formazione dei lavoratori, di attuazione dell’art.37, comma 2, del d.gs. n.81/2008 e s. m. i. mettendone in rilievo gli aspetti problematici sul piano interpretativo. E’ auspicabile che da parte dei diversi soggetti interessati si sappia cogliere l’occasione del rilevante intervento formativo e non si scelga invece la strada più facile del mero adempimento formale.

 
 
 


[1] Cfr. art.20, comma 2, lett. h), d.lgs. n.81/2008.
[2] Cfr. art.21, comma 2, lett. b), d.lgs. n.81/2008 e s. m. i.
[3] Cfr. infra

[4] Il termine “aula” pare comprensivo sia della formazione esterna che di quella svolta in locali aziendali appositamente dedicati per attività formative.

[5] Funzioni analoghe possono essere svolte da organismi paritetici rappresentativi di più settori, ad esempio organismo paritetico Confindustria, purchè l’azienda appartenga ad uno di essi.

[6] “…Dunque, il datore di lavoro è tenuto a chiedere tale collaborazione unicamente agli organismi, costituiti da una o più associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative firmatarie del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro applicato dall’azienda, in possesso dei requisiti di legge appena richiamati, sempre che sussistano gli ulteriori elementi – che devono essere entrambi presenti – individuati ex lege  (articolo 37, comma 12, del d.lgs.n.81/2008), vale a dire che l’organismo operi nel settore di riferimento (es.: edilizia) e non in diverso settore e che sia presente nel territorio di riferimento e non in diverso contesto geografico”.

[7] Per la collaborazione con gli organismi paritetici presenti nel territorio anche per la formazione di dirigenti e preposti cfr. l’Accordo applicativo del d.lgs. n.81/2008 e s. m. i. per il settore artigiano, del 28 giugno 2011, definitivamente sottoscritto dalle parti sociali il 13 settembre 2011. La collaborazione degli organismi paritetici in merito alla formazione delle diverse figure “si attiva (in conformità agli accordi a livello regionale tra le Parti stipulanti) attraverso almeno uno dei seguenti strumenti: 1. Comunicazione delle imprese all’organismo paritetico; 2. Attestazione di verifica circa la conformità dei contenuti della formazione alla normativa vigente.” (punto 3.2.12).

[8] Tutti elementi da considerare in sede di valutazione dei rischi (ai sensi dell’art.28, comma 1, d.lgs. n.81/2008 e s.m.i.) a sottolineare lo stretto legame tra formazione e tale fondamentale obbligo prevenzionale.

[9] Al riguardo l’ Accordo Stato- Regioni del 26 gennaio 2006 individua in 30 unità il numero massimo di partecipanti per ciascun corso (punto 2.1. lett.c).

[10] Cfr. infra
[11] Cfr. Allegato I.
[12] Cfr. supra

[13] Cfr. in particolare Cass. pen., 28 gennaio 2008, in causa Franzoni, di conferma della condanna di un datore di lavoro “per non aver progettato e attuato una adeguata attività formativa per tutti i lavoratori, contenente gli obiettivi specifici, la definizione di moduli didattici, gli strumenti per la verifica di apprendimento”.

[14] La cui violazione è sanzionata con l’arresto fino ad un mese o con l’ammenda da 200 a 800 euro, ai sensi dell’art.56, comma 1, lett.b), d.lgs. n.81/2008 e s. m. i.

[15] Per il carattere indicativo della disciplina contenuta nell’ Accordo per preposti e dirigenti cfr. supra.

[16] Cfr. infra

[17] Tra i quali la “specifica della tipologia di corso seguito con indicazione del settore di riferimento e relativo monte ore frequentato (l’indicazione del settore di appartenenza è indispensabile ai fini del riconoscimento dei crediti)”. La previsione non ha molto senso per la formazione dei dirigenti stante l’eguale ammontare di ore di formazione (16 ore) a prescindere dal settore di attività.

[18] Cfr. sul punto infra

[19] Improprio è affermare, come fa l’Accordo, che “ il lavoratore vada a costituire un nuovo rapporto di…somministrazione con un’azienda…” , dal momento che, come noto, il contratto di somministrazione di lavoro, ex artt.20 e seguenti d.lgs. n.276/2003 e s. m. i. è quello intercorrente tra agenzia fornitrice ed utilizzatore, mentre il lavoratore è parte di un contratto di lavoro (subordinato) con l’agenzia fornitrice.

[20] Si ricorda come in base al dettato legislativo l’aggiornamento periodico sia obbligatorio per dirigenti e preposti (art.37, comma 7, d.lgs. n.81/2008 e s. m. i.), ma non anche per i lavoratori.

[21] Tale indicazione si giustifica peraltro anche per la diversità dei contenuti dell’aggiornamento.

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