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Saggi e Articoli

CISL in campo per una sfida di lungo periodo

La Cisl è in campo per reggere una sfida che non sarà di breve periodo.

Fino a ieri avevamo ben presente la necessità di un sindacato in grado di misurarsi con i cambiamenti della società, dell’economia e del lavoro in modo attivo e responsabile.

Oggi, a fronte dello “tsunami” che ha investito in questi mesi la finanza internazionale e che sta determinando effetti dirompenti sull’economia reale di tale entità che, a detta di una persona pur cauta come Monti, non ha ancora dispiegato tutte le conseguenze negative,  ancor più dovrebbe essere avvertita l’indispensabilità nel nostro Paese di un sindacato che, invece di cullarsi in velleitari richiami alla lotta di classe, spinga ad un’azione comune e concertata tra forze sociali, governo e imprese per arginare gli effetti più devastanti della crisi e per rimettere in moto investimenti e crescita.

Non sono tanto le proclamazioni unilaterali di sciopero della Cgil a doverci preoccupare, anche perché non sembrano avere un seguito troppo significativo e stanno creando anche qualche imbarazzo all’interno della stessa, quanto piuttosto il fatto che a sostegno dello sciopero generale del 12 dicembre il Direttivo Nazionale della Cgil ha prodotto  un documento piattaforma che di fatto straccia la piattaforma unitaria di Milano che per la Cisl rimane, giustamente, il riferimento a cui commisurare gli accordi sul sistema contrattuale, sui contratti del pubblico impiego, sulle nostre richieste al Governo per una politica dei redditi che coniughi tutela dei lavoratori e dei pensionati e rilancio del sistema produttivo.

Era forse inevitabile d’altronde che, nonostante lo sforzo compiuto dalla Cisl nei mesi scorsi per praticare un’azione unitaria, si arrivasse ad un punto in cui la diversità dei modelli sindacali prendeva il sopravvento ed era più forte di ogni ragionevole sforzo di composizione unitaria.

In gioco, come sappiamo, ma come forse non è così trasparente nel dibattito e sui mass media,  c’è qualcosa di più delle contingenze dettate dall’agenda della quotidianità: c’è il prevalere o meno nel Paese, certo da oggi, ma anche per gli anni futuri, di un modello sindacale autonomo, ma anche autorevole perché rappresentativo e responsabile, centrato su obiettivi di merito e non di schieramento, rispetto ad un altro modello che impropriamente si dice sindacale, ma che è invece tutto politico e conservativo.

La fase congressuale che si è aperta in Cisl giunge quindi quanto mai opportuna ed è di grande valore la scelta annunciata dalla Segreteria Confederale di operare una discussione a fondo sul tema del modello sindacale, della rappresentanza e dell’associazionismo, del valore sociale del lavoro.

Ma una fase così impegnativa, appunto di non breve periodo, ha bisogno di una forte e visibile alimentazione  nel senso della proposta, della progettualità, dello studio e della formazione.

Sono convinto che per certi versi si riproponga a noi il tema che portò sessanta anni fa Giulio Pastore e Mario Romani a comprendere che l’affermazione del “sindacato nuovo” non avrebbe mai potuto avvenire se non investendo massicciamente nella formazione dei quadri sindacali e nell’aggiornamento continuo del nuovo gruppo dirigente, soprattutto quello di prima linea, sulle trasformazioni in atto nel nostro Paese e sulla “specificità” della proposta sindacale della Cisl.

Prestando orecchio alle domande e agli interrogativi che in questo periodo emergono dalle occasioni di incontro anche formative con i nostri operatori, dirigenti di base e RSU, emerge una grande disponibilità e una voglia a spendersi sul modello sindacale che la Cisl sta interpretando.

Ma emergono anche bisogni di approfondimento, di ulteriore ricerca, di alimentazione formativa continua per comprendere al meglio gli scenari su cui la Cisl è chiamata ad operare e a fare rappresentanza.

Nelle prossime settimane il Centro Studi di Firenze metterà in rete, come materiale a disposizione delle strutture orizzontali, di categoria e dei servizi, un “report” sui filoni formativi che ne hanno caratterizzato l’attività più recente (corsi per nuovi dirigenti, per contrattualisti del settore privato, sulle trasformazioni del lavoro e sui temi della sicurezza, sulle tecniche di comunicazione).

Si avverte, dall’osservatorio del Centro Studi, anche una importante ripresa delle iniziative formative da parte di categorie nazionali, di USR e dei servizi.

Ma se la sfida che dobbiamo reggere è “straordinaria”, allora è importante interrogarci tutti non solo sulla necessità di ridare centralità alla politica formativa, ma anche come far compiere alla stessa un “salto di qualità” in grado di rispondere appunto da un lato ai bisogni formativi che ci provengono dalla prima linea e dall’altro ai temi  nuovi e di frontiera che qualificano la proposta della Cisl.

Pensare alla formazione sindacale in termini di “sistema” non è quindi da oggi in poi un di più, ma una vera necessità prioritaria soprattutto se crediamo nel valore della confederalità.

C’è un appuntamento ravvicinato su cui cominciare a lavorare in modo integrato nell’organizzazione ed è quello della preparazione del nuovo Piano Formativo per il biennio 2009/2010 da realizzare appunto dopo la stagione dei congressi.

Mario Scotti

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